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I CARRETTIERI GENOVESI
Nella stessa città di Genova sono poche le persone che ancora ricordano la presenza dei cavalli nelle strade cittadine e all’interno del Porto dove erano impegnati, oltre che nello scarico/carico delle merci dalle navi, anche nelle manovre dei vagoni ferroviari.
Oggigiorno, l’unica possibilità che le persone hanno di rivivere l’emozione di assistere al passaggio di questi “bisonti della strada” di un tempo che fu, sono le fiere e le processioni cui i Carrettieri partecipano sfoggiando i legni e i finimenti letteralmente tirati a lucido.
Pare impossibile, a proposito della qualità e bellezza negli addobbi dei cavalli, che una così marcata originalità, tale da sembrare appartenente a qualche folklore se non extraeuropeo, sicuramente non italiano, sia invece da attribuire esclusivamente all’estro creativo dei carrettieri genovesi - stimolato sicuramente, occorre essere onesti nell’ammetterlo, dall’ambizione, dalla voglia di primeggiare per abilità nella conduzione dei carri e per cura dei finimenti.
La realtà invece è proprio questa: esistono ancora in varie parti del nostro Paese, persone che, per questioni di legami familiari, o per nostalgia di pratiche ormai superate dalla meccanizzazione, o per il piacere di mantenere vive delle conoscenze che le hanno accompagnate per tutta la loro vita, continuano alacremente a conservare un enorme patrimonio di attrezzi, finimenti e carri, condividendo con il pubblico l’emozione di vedere cavalli enormi, forti d’animo, oltre che di fisico, più o meno docilmente percorrere al fianco di uomini quest’ultimo tratto di una strada iniziata diverse migliaia di anni fa.
Questa è l’emozione che anima i Soci dell’Associazione dei Carrettieri Genovesi, che da vari anni offrono la loro esperienza e i loro ricordi -documentati anche grazie a una mostra fotografica – a chi vuole conoscere uno dei mestieri più faticosi ma anche gratificanti, che meriterebbe, per il suo incommensurabile valore umano e storico, di essere salvato dall’oblio in cui la noncuranza di miti come quelli della modernità e dell’asfalto stanno tentando di sprofondarlo.
Elena Serrati