benedizione S Antonio Roma 2012 - cavalli attaccati da lavoro

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benedizione S Antonio Roma 2012

CAITPR JOURNAL
benedizione san Antonio Toma Piazza San Pietro 2012

Cavalli, asinelli, cani, mucche, polli, conigli e pecore per la tradizionale benedizione  degli Animali a Roma, sul suggestivo sfondo del cupolone di Piazza San Pietro.

(Annalisa Parisi)

L’EVENTO
Festa grande a Roma grazie all’Associazione Italiana Allevatori per la tradizionale "benedizione", ad opera di Angelo Comastri, generale del Santo Padre per la Città del Vaticano che dopo aver officiato  la Santa Messa si è aggirato tra gli oltre ottanta cavalli schierati sul sagrato antistante la basilica di San Pietro. Una giornata in onore di Allevatori e Citttadini che hanno partecipato TUTTI con i propri animali all’insegna dell’amore  che indissolubilmente li unisce.
A testimonianza di questo impegno a favore del benessere animale anche quest’anno, in collaborazione conPfizer Animal Health, di fronte a Piazza San Pietro sono stati allestiti alcuni mini-ambulatori in cui i nostri veterinari  hanno offerto la loro professionalità ai cittadini romani che hanno partecipato alle celebrazioni in onore del Santo.
“Con questa giornata – ha ribadito Nino Andena, Presidente dell’Associazione Italiana Allevatori,  si è voluto sottolineare l’impegno quotidiano di tutti gli allevatori a fianco del consumatore per garantire  prodotti sani, controllati e sempre più etici perché realizzati nel rispetto dell’ambiente e del benessere animale”.
Missione, quella di Aia, resa possibile dalla presenza capillare sul territorio nazionale dei tecnici del sistema allevatori, che quotidianamente entrano nelle stalle italiane per svolgere la propria attività di assistenza tecnica.
Presenti anche i Ragazzi del Centro di Riabilitazione equestre Villa Buon Respiro sui biondi Haflinger, che rappresentano un po’ il simbolo e la sintesi di quello che ancora oggi nell’era del “tempo reale e della tecnologia sfrenata  ? è il “miracolo” del legame tra uomo ed animali.


benedizione san Antonio Toma Piazza San Pietro 2012

HISTORIA
L’immagine del buon frate, eremita egiziano anche detto  il Grande, d'Egitto, del Fuoco, del Deserto e l'Anacoreta dalla fluente barba bianca, che ancor oggi si trova nelle stalle a protezione degli animali, rende l’idea della  devozione che, soprattutto in campagna, resiste all’usura inesorabile del tempo. Le origini popolari di questo attaccamento risalgono al Medioevo, periodo in cui era immenso il disprezzo (nonchè il timore) nutrito nei confronti del diavolo,  spaventoso e feroce d’aspetto, che usciva sempre sconfitto dalla "singolar tenzone" con il buon eremita di cui era l’acerrimo nemico. Un antico detto popolare recitava: "da pericule, male e lambe, Sant'Antonio ce ne scampe ". La tradizione deriva dal fatto che l'ordine degli Antoniani aveva ottenuto il permesso di allevare maiali all'interno dei centri abitati, poiché il grasso di questi animali veniva usato per ungere gli ammalati colpiti dal fuoco di Sant'Antonio.  I maiali erano nutriti a spese della comunità e circolavano liberamente nel paese con al collo una campanella. Secondo una leggenda del Veneto (regione in cui viene chiamato San Bovo o San Bò), la notte del 17 gennaio gli animali acquisiscono la  facoltà di parlare. In questa particolare occasione i contadini si tenevano lontani dalle stalle, perché udire gli animali conversare era segno di cattivo auspicio. Per molti altri storici, l’origine del culto del santo si sovrapporrebbe  alle precedenti celebrazioni pagane, probabilmente di origine celtica. Infatti, quando i Crociati trasferirono le spoglie di Sant’Antonio nella Francia meridionale ad Arles, il suo culto si diffuse a macchia d’olio, scontrandosi inevitabilmente  con il culto pagano del Dio Lug (o Lugh) antica divinità celtica. Lug veniva rappresentato come un giovane affiancato da un cinghiale, simbolo di attaccamento alla terra, animale particolarmente sacro ai Celti, anche detti "popolo della quercia". Il  dio Lug era una delle divinità più importanti dell’olimpo celtico, come dimostrato da numerosi toponimi di molte città come Lugano, Lugo, Lione. Con un’intensa opera di sincretismo Sant’Antonio fu associato e sovrapposto  al preesistente culto celtico. Secondo molti storici gli attributi di Sant’Antonio sarebbero stati ripresi proprio dal dio celtico, infatti il santo divenne guardiano dell’inferno come lo era Lug e dispensatore di fuoco agli uomini (e da  qui la tradizione dei falò). La Chiesa "ingentilì" il cinghiale trasformandolo in un maialino con un campanello al collo dal quale Sant’Antonio era sempre seguito, descrivendolo come un diavolo sapientemente ammansito dal Santo. Per altro  anche la campanella del maialino sarebbe un simbolo di vita e di morte secondo la cultura celtica: infatti per i Celti la campana rappresenta il grembo della Dea Madre, di cui Lug era figlio. Infine una piccola curiosità, Sant’Antonio era anche  il protettore dei fabbricanti di spazzole, che nell’antichità si facevano proprio con le setole di maiale. La figura dell’eremita è un esempio evidente di come sacro e profano, cultura "alta" e cultura "bassa", tradizione popolare  e storia dell’arte, sono spesso aspetti diversi ma imprescindibili e strettamente legati di un unico "filo storico e culturale". In Sant’Antonio Abate e nel culto ispirato alla sua figura sono presenti le reminiscenze degli antichi riti  pagani, romani e celtici, la tradizione culturale cristiana e quella popolare laica. Attraverso la figura del santo si possono inoltre ben comprendere i cambiamenti epocali che nel corso del tempo la nostra società ha subito.
Se solo ci si sofferma sulla "famosa" benedizione degli animali che da secoli è associata alla festa di Sant’Antonio  si può osservare come negli anni sia cambiata per  forma e per intenti: un tempo ad essere benedetti erano gli animali da reddito, mucche, pecore, maiali ed asini, mentre ora sui sagrati delle nostre chiese, il 17 gennaio di ogni anno, è possibile  scorgere in gran parte anche i cosiddetti animali da "affezione". Non si tratta solo della "forma" del rito quanto soprattutto della "sostanza".


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